Il mondo era all’angolo.
Noi, angeli ottusi, rinchiusi.
Un secolo dopo, un secolo fa.
Non ci restava che scriverci.
(Esiste anche in forma di libro, adesso, la Corrispondenza. Ma che rimanga la traccia viva di quell’anno infinito, che ancora continua. Perché è stata una traccia di vita, fortissima vita).



Margherita De Michiel,
Giovanni Fraziano
Corrispondenza di due angoli (20_20)
INTRO
Luogo: 7 marzo – 7 maggio 2020
Genere: e-pistolario
Agenti:
M. – Professore di Lingua e Letteratura Russa
G. – Professore di Composizione architettonica e urbana
TEMA
Ispirate (nel titolo e nell’essenza) a una corrispondenza russa di un secolo esatto fa: sono le impressioni scritte di getto, senza alcun piano, a fine giornata, da due spiriti di oggi, inquieti perché consapevoli; due anime lontane eppure vicine, come questo mondo ci ha chiesto di essere. Uno spazio inventato, (musicalmente) improvvisato, registrato dal vivo, di un tempo piccolo al finir delle ore in cui quotidiane si facevano cose, prima di entrare in notti che hanno fatto più male di altre; di un tempo grande che si sperava finito, che è ancora il nostro, che chissà dove ci porterà.
Il titolo è una ripresa con variazioni dell’antologica Perepiska iz dvuch uglov, la “Corrispondenza da due angoli” appunto firmata nel 1920 da Vjačeslav Ivanov e Michail Geršenzon (1° ed. russa 1921; ed. it. 1932, 1976, 1991). Poeta, filosofo, esponente del Secolo d’Argento l’uno, letterato, filosofo, pubblicista l’altro, i due – amici di vecchia data ma antagonisti spirituali – si scambiarono le famose dodici lettere “da un angolo all’altro” della camera comune di una casa di cura a Mosca. Sullo sfondo del dramma epocale di ciò che alcuni chiamò il “decennio secolare”, in quelle pagine i due grandi intellettuali, in dialogo con gli interlocutori eletti del tempo (Nietzsche e Kant, Ibsen e Schopenhauer, ma anche Dante, Leopardi, Tolstoj), inscenavano un breve quanto radicale dibattito su cultura e rivoluzione, cultura e libertà, cultura e fede.
Cento anni dopo, un mondo che si credeva invincibile ed eterno ha messo all’angolo tutti i suoi abitanti: e costretto a rivedere le proprie vie di salvezza. Dai due angoli astratti di spazi mutuamente esclusivi, sconosciuti l’uno all’altro, due protagonisti a caso del nostro tempo hanno allora provato nel loro piccolo a erigere un argine, costruirsi un ponte: lanciarsi un’offerta di dialogo, che ha trascinato dentro le voci ideali (esistenzialmente reali) della loro esperienza interiore. Ne è risultata una policroma polifonia, sullo sfondo di una realtà attraversata dal basso continuo della paura.
Mentre il mondo, lì fuori, malgrado tutto, accadeva: “come un guscio disabitato” (W. Benjamin). Abbiamo provato anche noi – “ad appoggiarlo all’orecchio”.
VARIAZIONI
Anche la facciata idealmente posta in ingresso richiama, con la stessa imperfezione del titolo, l’originale di quella “Corrispondenza” (una cui riproduzione apparirà nel testo). Ma questa porta d’accesso è ancora prima scomposizione di un quadro di Malevich: e Malevich è personaggio implicito – testo-pretesto – qui. Suo il “Quadrato” che diviene ideale arena di incontro. Suoi gli ipotetici angoli – non retti – della nostra conversazione.
Perché queste pagine son nate di fronte al vuoto rimasto di progetti che stavano per iniziare – prima che il mondo esplodesse. Noi abbiamo raccolto frammenti di quell’esplosione, e abbiamo depositato in “ceste” ideali (la reminiscenza è del filosofo V. Rozanov, anch’egli tra i “personaggi” qui) qualche decina di “fogli caduti”, salvati al vento di un inevitabile oblio. Perché questo tempo non si può dimenticare.
Queste pagine sono state un modo per ritrovarsi in un mondo che era scomparso.
Per riorganizzare un silenzio prima mai conosciuto. Per indirizzare lo sguardo nel labirinto.
Il genere, dicevamo?
La variante moderna dell’epistolario.
Una corrispondenza elettronica, virtuale e impalpabile: che ha voluto farsi carta (da gioco) reale. Allineata a sinistra una voce. Allineata a destra l’altra. Le regole, di questo gioco?
Una pagina al giorno, una replica a testa, niente di più.
E sono voci, a destra e a sinistra, che si intessono ognuna dei suoi propri eroi (ed errori) più intimi. C’è molta Russia, per questo: la Russia dei classici e di inizio ‘900 – delle avanguardie e del Secolo d’Argento; dell’underground e delle subculture; sovietica e non. C’è molta architettura, sempre per questo: ovunque il pensiero di cosa sia casa – tana salvifica e luogo feroce in cui ci siamo ritrovati prigionieri a noi stessi. E c’è filosofia del linguaggio, o solo filosofia, c’è traduzione, ci sono semiotiche e costruzioni, c’è ovunque poesia. E sono pagine che sono parole: ma sono anche luoghi, figure, e cinema musica teatro fumetti – e opere d’arte. E ci sono quadri, e fotografie. Ma anche leggerezza, gioco, vertigine, ci sono gatti: e cani blu.
Quasi una jam session in smart-playing.
Al ritmo di un tennis da scrivania.
FINALE
Perché si è trattato in fondo di questo: di reagire a un’urgenza, per trovare un modo di vivere senza la nostra vita. Ipotizzando un dopo che non sia copia del prima.
Il mondo frontale spariva. Il mondo frattale salvava.
Nel silenzio di un pianeta stordito, trafitto dall’urlo di sirene e megafoni; in un mondo minacciato da uno sputo – e l’umanità intera con il fiato sospeso: trovare il modo – per respirare.
Tra fisiologia e filologia.
Queste memorie ci sono perché c’era un sottosuolo, ma se c’è un sottosuolo c’è un humus, e dall’uomo nascono parole.
“Cultura: l’urlo degli uomini in faccia al loro destino” (A. Camus).
Parole immediate, a rilascio lento.
CODA
Come si deve leggere allora questo testo strano, fatto di parole proprie intrecciate e intrise di parole altrui?
Come un fragile, intimo, canto epocale. Niente di più.
Sospendendo giudizi e “incredulità”. Accettando – deliberatamente – l’ipnosi di un viaggio in un mondo pluriverso, ritmico e dodecafonico. Ascoltando, senza remore, l’attrito del pensiero farsi poesia.
Per ritrovarsi alla fine in una salvifica densità primordiale che ci costringe – noi senza più spazio noi senza più tempo: alla lentezza.
Preghiere pagane per ritornare al respiro pacato dell’umanità.
Mentre onnipresente Jurij Gagarin ci guarda dall’alto estetico del suo etico oblò:
Il cielo è molto nero la terra azzurra tutto si vede molto distintamente.
E sorride enigmatico del suo eterno, dolce, sorriso.
Esiste in forma di libro, adesso, la Corrispondenza. Perché, come diceva Borges, «tra i diversi strumenti dell’uomo» è senza dubbio «il più stupefacente», in quanto «estensione della memoria e dell’immaginazione». Il libro è «come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici», siglava Eco: «Una volta che li hai inventati, non puoi fare di meglio». E soprattutto, sapeva Brodskij, il libro è «mezzo di trasporto attraverso lo spazio dell’esperienza, alla velocità della pagina voltata». Una velocità frenetica e lenta, in questo libro. Ma per chi non possa raggiungerlo in carta, lo offriamo al link qui sotto:
http://hdl.handle.net/10077/33475

Чтобы стать крылатым, нужно стремление к полёту
(Ю. Гагарин)
(“Per divenire alati, bisogna aspirare a volare”. Ju. Gagarin)
Bonustrack: ©”Sorriso” (da Instagrad)
(Qui, due corrispondenze diverse. Di senso, di significati amorosi)
(in a parte, indietro nel tempo: Nico. Umspanwerk)
Мой любимый вид общения — потусторонний: сон: видеть во сне. А второе — переписка. (…) Ни то, ни другое — не по заказу… (М. Цветаева)
(“Il mio tipo preferito di comunicazione è ultraterreno: il sogno: vedere nel sonno. Il secondo è la corrispondenza… Né l’uno né l’altro sono – su ordinazione…” M. Cvetaeva)