3 gennaio
Versi su resti di un film.
Mentre fuori era primavera.
(e penso al gatto padrone del cinema Lux.
Pensionato a passeggio, lui che presidia la cassa di una sala d’essai).
Il primo ricordo è di numeri. Quando ancora avevano un senso.
Il coronavirus è un mostro il coronavirus è una preghiera.
Dispongo sul filo di una camera oscura:
l’autocertificazione di un nascituro
Il pipistrello bianco in una notte infrarossa
Il virus contro un orso polare
Il virus come conquista esistenziale.
“Ho 103 anni e sono riuscita a vedere anche questo”.
Urla da stadio è Wuhan che incoraggia Wuhan.
Non eravamo attrezzati vs tutte le mascherine di oggi
La solitudine estrema vs un divano una coppia e una tv
Il corpo di un cieco muto tre mesi
E la finestra l’interno di una chitarra.
Il resto è già altrove.
Firma superflua d’artista.
Le corde vibrano eccessi.
La realtà nasconde sempre la realtà
è la realtà è la realtà è la realtà (+2)
Apro il regalo di ieri, un pacco di riposanti tirè.
Sono i trattini che in russo si mettono al posto del verbo essere.
Non essere insieme, è proprio questo il problema.
Dentro a ogni diavolo, inseguo il mio dubbio.
Chi non ha testa avrà gambe?
Bambini cartone terrazze bandiere canzoni la rete le bare piangiamo –
Rewind.