Il traduttore con gli stivali

Qualche osservazione di passaggio, oggi. Di passeggio anzi.
Perché la volta scorsa ci siamo tolti qualche sassolino dagli stivali. Adesso possiamo tranquillamente tornare a Pushkin. Che, come già detto, c’entra sempre. Anche negli stivali.

[Гена и Чебурашка грабят магазин. — Гена костюм брать? — Бери. — Гена сапоги брать? — Бери. — В них мусор. — Высыпи. — Не могу, он меня за уши держит! E traducete voi…]

[Ricevo una traduzione, la adatto un po’:
Ghena e Ceburashka rapinano un negozio. – Ghena, il vestito lo prendo? – Sì. – Ghena, gli stivali li prendo? – Sì. – Ma non fan venire i piedi piatti? – Scemenze! – Ma se uno mi sta tenendo per le orecchie?!].

Perché mi è stato detto che Pushkin con gli stivali anche no.
Ah no? E io chi sarei, “cапожник, как говорится, без сапог?”
[“Il calzolaio senza scarpe”, diciamo noi: ma le ripetizioni, il ritmo, le allitterazioni? O il calzolaio con le scarpe rotte, neanche fosse la befana. A meno di non ricorrere all’italiano locale: “Lo scarparo con le scarpe rotte?” Ah, il traduttore… senza traduzione!]

САПОЖНИК
(ПРИТЧА)

Картину раз высматривал сапожник
И в обуви ошибку указал;
Взяв тотчас кисть, исправился художник.
Вот, подбочась, сапожник продолжал:
«Мне кажется, лицо немного криво…
А эта грудь не слишком ли нага?»…
Тут Апеллес прервал нетерпеливо:
«Суди, дружок, не свыше сапога!»

Есть у меня приятель на примете:
Не ведаю, в каком бы он предмете
Был знатоком, хоть строг он на словах,
Но черт его несет судить о свете:
Попробуй он судить о сапогах!

“Giudica, amico, non più in alto dello stivale”, dice qui il pittore al calzolaio che guardando il suo quadro osserva un errore nelle scarpe, poi nel volto, poi nel seno “forse un po’ troppo nudo”. È Il calzolaio. Parabola. Di A.S. Pushkin, 1929. Ecco.

E poi, se vogliamo, possiamo chiedere a Dostoevskij, che anche lui, come Pushkin (e i gatti), abbiamo detto, c’entra sempre. Soprattutto quest’anno che compie gli anni, molti, molti più del solito, sembra.

Nei Demoni Dostoevskij scrive una cosa così (cioè la scrivo io, così):

“Egli senza indugio concordò sull’inutilità e comicità della parola “Patria”; concordò con il pensiero che la religione è dannosa, ma a piena voce e con fermezza siglò che gli stivali son più in basso di Pushkin, e di un bel po’”.

Сапоги ниже Пушкина

Che questa cosa degli stivali di Pushkin tormentava anche Dostoevskij, si vede: se li scomoda entrambi di nuovo, rispondendo per faccende sue a Schedrin (“Господин Щедрин, или раскол в нигилистах”). Leggiamo:

“– Punto quattro. Giovane penna! D’ora in poi, dovete assumervi a regola che gli stivali sono comunque meglio di Pushkin, perché di Pushkin si può fare a meno eccome, mentre degli stivali proprio no, e di conseguenza Pushkin è lusso e sciocchezza. Capito?
Ma Schedrodarov tacque di nuovo. Non si capacitava di un fatto: come dovevano guardare a Pushkin, ad esempio, coloro che hanno già gli stivali?”

Semplice, dico io: comprando gli stivali di Pushkin. E che non si dica più che non li aveva.

[dalla rete]
Резиновые сапоги галоши Пушкин
Размер: 43
Состояние: Новое


Stivali in gomma e galosce Pushkin
Numero: 43
Stato: come nuovi. (Eh…)

(Come nuovi. Ай да Пушкин…)
E comunque, 200 rubli e si risolve la filologia

E il traduttore?
E il traduttore traduce.

Traduce Pushkin (oggetto).
Traduce Pushkin (soggetto):

Воротился ночью мельник…
10 Жёнка, что за сапоги?
Ах, ты пьяница, бездельник,
Где ты видишь сапоги?
Иль мутит тебя лукавый?
Это вёдра. — Вёдра, право?
15 Ни во сне, ни наяву
Не видал до этих пор
я на вёдрах медных шпор.

Nel 1835, Pushkin, traduce l’antica ballata Our goodman – e ci son questioni di boots anche qui.

Hame came our goodman,
And hame came he;
He spy’d a pair of jack-boots,
Hwere nae boots should be.
‘What’s this now, goodwife?
What’s this I see?
How came these boots here,
Without the leave o me?’
‘Boots?’ quo she.

(…)

Ok, ma al traduttore, cosa gli interessa di tutti ‘sti stivali?
Niente, solo che secondo me farebbe meglio ad averli, altro che sandali alati.
Che attraversare tutti i campi (semantici) che deve non è mica… come vivere una vita 😉

(e se penso alla faccia di Amstrong, quando con il suo moon boot ha pestato la cacca di Lajka…)

Ma sono d’accordo: se intendevate che Pushkin in sandali passeggia a Miramare, allora sì.
E di questo, a breve, qui.

PS. Scrivo queste note che il nostro Paese è in tempesta.

Piove che ci vorrebbero proprio gli stivali di Pushkin, ma penso, in fondo abbiamo anche noi i nostri stivali in traduzione, son di Venezia, si chiaman Goldoni. E son letterari anche loro. Ah… no?

(E comunque ho capito: è perché siamo immersi nei mari che il nostro è un Paese stivalato).

PS2. Ma voi traduttori con gli stivali, state attenti a non perderli, nelle nevi sporche dell’intraducibile. A me è successo. In aprile, il periodo dell’ottepel’, quando gli inverni russi erano ancora inverni russi, metri di neve che iniziano a sciogliersi, passaggi di terra prima soffici e bianchi diventano muri invalicabili di sljakot’. Stavo attraversando delle rotaie, volevo andare a passeggiare nel bosco Timirjazev, il bosco, quel giorno, non l’ho raggiunto mai. Con il rumore impietoso di una ventosa divina, il mio stivale destro da occidentale in trasferta viene esemplarmente ingoiato dalla Madre Russia.

Купил Иван—дурак сапоги — один обычный, а другой — скороход. Надел он их и разорвало его к чертовой матери.

[Si compra Ivan lo sciocco un paio di stivali: uno normale e uno alato. Li indossa e… traducete voi;]

E il gatto? Oggi lo lasciamo chiuso nella scatola degli stivali nuovi.
E quelli vecchi se li tenga pure il cane.