2 gennaio, quello dopo (Urgant a Capodanno – Urgant tutto l’anno?)

Il 2 gennaio, quello prima, era questo: per il ragionamento, rileggetelo qui.

Ecco. Ho molto poco da aggiungere: in questo 2 gennaio quello dopo, dopo che, sulla scia del successo strepitoso, non incomprensibile ma incompreso, di CIAO 2020, Giovanni Urganti e la sua banda ha voluto ripetersi, andando in scena con CIAO 2021.

Ne parlo per dovere di responsabilità, perché chi studia una lingua straniera, e la traduce, ha il compito – etico perché estetico – di tradurne, etimologicamente trasportarne, il senso vero al lettore (al pubblico in generale) abituato a nutrirsi di superfici. Abituato, sia chiaro, non (o perlomeno non solo) per sua (pur eufemistica) pigrizia, ma per la violenza che da ogni dove subisce nei modi imperanti di diffusione del sapere. Modi volgari, fulminei, parziali, parcellizzati. Premasticati: è così che si diffonde il virus del pregiudizio. Per via orale. Fosse per via scritta, l’umanità sarebbe salva: si contemplerebbe quantomeno uno spaziotempo scelto e dedicato, gigantesco balzo del singolo uomo.

Rimando per ora l’analisi di presunti dettagli, capaci di aprire mondi.
Qui mi limiterò a poche parole, per un programma che richiederebbe (richiederà?) a ogni frase – a ogni immagine – sottotitoli interculturali. Il pubblico, da entrambi i lati di una cortina che non c’è più da un pezzo, si è detto in fondo da entrambi i lati deluso: meno incisivo, deskat’, dell’anno scorso, presuntuoso bagnarsi due volte nell’acqua dello stesso fiume, e via con strali di vario veleno. Quello italiano, di pubblico, deluso soprattutto da una cosa: la lingua era meno maccheronica dell’anno scorso. Non fosse stato per l’impietosa pronuncia che in alcuni punti riduceva il testo al confine dell’intelligibilità, non c’era linguisticamente quasi niente da ridere. Eh già, guarda caso, i traduttori fanno il loro lavoro, sudando le camicie dei sette fratelli nonché gli abiti delle rispettive spose (lo confesso, sì, ho sudato anch’io questa volta, anche se non sono fratello né sposa, ma questo solo per dire che so di che parlo e di chi – e qui cifro anche il mio grazie di cuore a I.Z.): per adattare testi nati in una lingua e in una cultura, pregni di marche specifiche, di ritmo, di rime, e contesto, intertesto, e via così di semiotica –  in un’altra lingua. Ma NON, qui (e questo è un passaggio di rara raffinatezza): in un’altra cultura! Eh già, guarda caso, perché questo programma è fatto per i russi, mica per gli italiani: per i russi che riconoscono i personaggi, le canzoni, i riferimenti, i volti, tutto, ogni minuzia, ogni passaggio polito di cui questo pastiche culturale è diabolicamente composto. E il pubblico italiano, che cosa pretende? Che quasi pure si offende? A lui questo testo è rivolto per puro atto d’amore, signori. Non fosse che mamma-web gli fornisce subito la pappa pronta a spiegargli di cosa si tratta, lui non capirebbe nulla di questo racconto… nella sua lingua! E la vorrebbe pure storpiata. Ma cosa siamo, bambini che ridono di pernacchie e sgambetti? Questo programma, allora, non fa per noi. Forse fa solo per il critico-sempre-pronto-della-traduzione-altrui, anche lui figlio di una donna troppo prolifica, umano pulcioso che spulcia e sputa (AAACH!!!!) sentenze, ma ometto repliche a Miss Lombardia. [Il traduttore entra in sciopero. È ufficialmente stufo di essere sansebastianizzato, come la maggiorata (San Sebatsian contrario) chiede di non essere più oggettiv(izz)ato. Capito? “Scherzavo! Siamo in Italia!!!”]. In Italia-URSS.
Un esempio su tutti, Manizha. Un volto noto anche a noi perché ha rappresentato la Russia a Eurovision, dove si era mostrata come “donna russa” (ràshn uòman) che urla sul palco il suo appello femminista: e che in CIAO 2021 diventa Manigi, macho caliente vestito di grigio e di beige, “italiano vero” ai cui piedi cadono russe procaci e rifatte come solo le russe si rifanno e procacciano. Mentre quella stessa canzone, in russo fatta di ritmo e colori, pirotecnie e inni alla liberazione, si fa irriconoscibile melodia sanremese che ridicolizza i mammoni del Bel Paese. Traduzione interlinguistica, intralinguistica, intersemiotica, direbbe Jakobson. E questo non è che un esempio su tutti.

Solo due appunti ancora. Nel programma appaiono due spot pubblicitari. In realtà lo spot è solo uno – quello di Al’fa bank. E infatti non è tradotto. Il gioco di specchi è che volto della pubblicità è lo stesso Ivan Urgant, nelle vesti di un professore che alla sua classe universitaria promette crediti d’esame in cambio di crediti bancari: in conclusione della presunta lezione, pubblicizza la banca per gente “libera e intelligente”, spiegando che “l’intelligenza serve a essere intelligenti, e la libertà – a essere liberi”. Innescando poi una serie di contagi semantici nel testo di CIAO 2021 (“magia magica”, “perfezione perfetta” ecc.) che il pubblico italiano (lo spot, dicevamo, è solo in russo) vede sospesi nel nulla. Il secondo presunto spot, quello della Pepsi – presentato al limite della spudoratezza sessuale – è una parodia nemmeno tanto cifrata di quella che Pelevin (e via di letteratura) aveva battezzato “generazione P”, dove P. sta per Pepsi appunto: la prima cola ad invadere la non più di fatto (ma ancora nei fatti) Unione Sovietica, le bollicine più еdulcorate, la cola di sekond-xend (per scomodare il Nobel Aleksievich), non quella del nemico di sempre, che continua a godersi imperituro l’inarrivabile Coca di tanto sarcasmo sots-art.

E il pubblico italiano si lamenta che parlano troppo bene e non fanno ridere?

Fotogramma di Ciao 2020

Proviamo un gioco (italiano!) contrario: immaginatevi un gruppo, fatto dei personaggi più importanti e famosi della nostra TV e della nostra coscienza culturale, che decide di fare un programma ironico sulla tv russa sovietica. E taglio tutti i passaggi di inverosimiglianza. Pensiamo poi che per far questo traducano in italiano tutti i testi e le canzoni, imparando un russo che permetta loro almeno di saperle pronunciare. Ma siamo già andati troppo lontano: ogni singolo passo richiederebbe puntualizzazioni frattali. Fermiamoci. Annoto però: i protagonisti di CIAO 2021, ad eccezione di Urgant, di italiano non sanno niente di niente. E se solo sapeste in che russo hanno letto i vari totocutugni, fedezs, albani e iricchiepoveri – convinti di far parte di un programma… chissà di che programma erano convinti di far parte? E la bomba sexy Damiano Maneskin, inventato dai russi già trent’anni fa, come dimostra la cartolina “portata sul cuore”. Punto.

STESSO STILISTA
STESSO STILE
“ODE AI TRADUTTORI”

Insomma, come sempre. Quando siamo di fronte a un testo culturale, domandiamoci: chi lo fa, con che grado di consapevolezza, per quale pubblico, con quali intenzioni – in buona sostanza, con quale e quanta cultura. Sul canale più putiniano di tutte le Russie, oltretutto, un programma che si chiude – con una caricatura di Putin.

Ironia, certo. Certo, anche comicità fine a se stessa – anche della più bieca. Una shakerata di stereotipi sulla percezione di due culture: un labirinto di citazioni e riferimenti, interamente in una lingua altrui. E che fa ridere, fa ridere tutti: anche chi non sa perché ride. Se non è genio questo.

Di pura bellezza, a parer mio. Che naturalmente è una citazione da Pushkin.

“SULLA BASE SPAZIALE C’È UN’EMERGENZA”

PS.

Il link al programma è qui.
Il link alle spiegazioni – per un po’ di pappapronta – è questo qui.

Sapete invece che faccio io?
Mi guardo una cosa fatta con la stessa anima. Con la stessa ricerca. Studio. Cultura. Con la stessa intelligente demenza. Con la stessa serissima comicità. Senza un copeco, alla fine di un corso in università. Un corso di traduzione, naturalmente.
Ve ne parlerò in un’altra occasione, e ve lo farò vedere. È un lavoro che merita il nostro inchino. Loro ce l’hanno fatta. Il gruppo KRD, il lavoro è Urgant di sera, bel tempo si spera.

Kozmicheskij russkij den’ (Base Spaziale SSSR)


Perché tutto succede per bisogno – per voglia, per sete – di ossigeno. E per amore folle. От безумной любви. Oggi nazioni di un’Unione che son trent’anni che non esiste più festeggiano il Den’ sud’by, il Giorno del Destino.

Buon destino buono, italussi!
Con amore folle, la vostra Margo.