No Fjodor? No party! (Diskoteka DostoDvesti)

Перестать читать книги — значит перестать мыслить
“Smettere di leggere libri vuol dire smettere di pensare”
F.M. Dostoevskij

Niente di più banale e definitivo. Io inizio da qui. Anche se qui sarà tutto un quasi. Siamo dentro a un genere in fondo, un degenere, anzi…

Due giorni fa cadeva un muro. Oggi nasceva Dostoevskij. Che anno? La terra è piatta ormai, gli anni son tutti lo stesso. I muri si rialzano, Dostoevskij non rinasce più. Per fortuna è immortale. E la barba di Dostoevskij è fatta della stessa materia della coda di Behemot.

Chissà, poi, se gli piacevano le feste, a Fjodor. O se anche lui si nascondeva sotto il letto, con le feste a sorpresa. In fondo era scorpione: impavido e timido, istrionico e vergognoso, narcisista e complessato, grafomane, logorroico, teatrale e – silenziosissimo.

Vero è che le feste quest’anno sono tutto fuori che a sorpresa: mesi e mesi che nessuno vuole tardare, alla festa di F.M.D., tutti a preparare, inventare, scrivere, dimostrare: organizzare, esibire, scoprire, invitare. Tante teste tante feste. E però gli anniversari dovrebbero servire, mi viene da dire – come quello di Dante, diciamo – a una cosa su tutte: a rileggere, ecco. Leggere proprio, se no. Dei casi il più fortunato, sostiene qualcuno: quando ancora non conosci una cosa che ti cambierà la vita. Perché da quel momento la tua vita sarà la tua vita di prima, più quella lettura. A meno che, a meno che. Ma non è mai troppo tardi, se a quel tardi si arriva. Anche se aspettare duecento anni per leggerlo, diciamocelo, è un po’ tantino, no?

Dostoevskij, così lontano, così moderno, così impietoso. Dostoevskij, animale dannato…

Non voglio insistere, io, su questo giorno. Il mio Dostoevskij è il mio Dostoevskij, e su ciò su cui non si può tacere è meglio dir poco. È che il mio papà era sportivo, e io oggi ho voglia di indossare la sua maglia da calcio. Di Dostoevskij, voglio dire. Il 21. È anche il mio numero, sì.

[Ricordi.]

– Il mio primo Dostoevskij è un tema su Delitto e castigo. La prima cosa seria che ho scritto in russo e con cui ho zittito il mio professore, fino ad allora convinto dei suoi dubbi su me. D’altra parte, è anche vera quella cosa che diceva lui, Dostoevskij, quando diceva “Ricorda, amico mio: tacere è bene, è sicuro, ed è bello” – solo che spesso ci passi per scemo. La mia carriera scolastica è andata quasi tutta così: mia mamma che va a parlare con i professori, loro tessono lodi sfrenate, e mia mamma che dice “Scusate mi sa che non avete sentito, io sono la mamma della De Michiel”. E forse c’era già tutto nel compito di quinta elementare, quello sulla corrida, rito in ghingheri contro la vita, il torero incornato, il toro è nudo, il re non c’è. All’inizio era il verbo, pidocchio estetico o etico, nome-cognome, scisma-rinascita e oltre le pagine – una nuova vita.

©Jack Torrance

– Il mio ultimo Dostoevskij sono io che passo davanti al “Teatr mjuzikla”, danno il musical-rock Dostoevsky-opera, musica di È. Artem’ev, libretto di A. Konchalovskij. Non mi fermo a leggere i cartelloni, non rallento nemmeno.

(Stanotte ho riguardato il serial di Chotinenko. E tu?
Serov dipinge a ogni inizio-puntata – e la dura dolcezza della Chamatova, concordo con te)

– In mezzo, Dostoevskij mi guarda. Io, e frammenti di noi –

– Triste, lui, enorme e infelice, ignorato seppur colossale, monito muto alle macchine, ai monopattini, alla M di metro, al nome della Biblioteca Centrale di Stato che per tutti è ancora la Leninka, la sua statua a Mosca, davanti, fa rabbia, fastidio, è stonata lui amava la musica, è scomoda, è giusto: c’è. La sua ragione è nei sotterranei di quell’edificio, nel sottosuolo dei libri, nella vita segreta delle parole, noi viviamo sulla superficie, alla superficie, nella superficie incastrati lì dentro, la rete ha ucciso i cataloghi, lo spazio-tempo, le onde della ricerca, l’energia dell’errare, la lama stridente del verso sbagliato, del senso giusto, delle parole apposta così-così;

– I souvenir alla sua Casa-Museo di Pietroburgo, città disseminata di lui. Dostoevskij è il mio scrittore ma Pietroburgo non è la mia città (del testo pietroburghese non voglio, qui voglio il resto). Poco lontano – a Pietroburgo è tutto poco lontano – al Pushkinskaja 10, è il 1996, forse, o forse no, suona l’ensemble “DostoevskY”, che a volte si fa chiamare “Dostoevskij Idiot”;

– (il metro Dostoevskaja, vicino alla Mendeleevskaja, vicino alla Novoslobodskaja: ma non c’era ancora, quella fermata di quella linea di quel verde lì, al tempo in cui c’ero io che andavo in rollerblade su e giù per Mosca, quando non c’erano ancora, a Mosca, i rollerblade – né ci saranno mai stati, superati prima ancora di essere usati, in un salto diretto dal passato al futuro);

– Il ritratto di Èrnst Neizvestnyj, Neizvestnyj e Chruscev, Neizvestnyj illustra Delitto e Castigo, i suoi crocifissi ai Musei Vaticani. Neizvestnyj dice “compito dell’artista è coltivare l’anima”.

È. Neizvestnyj, “F.M. Dostoevskij”
(– Non sembra un po’ un dente [zub]? – chiese lei sovrappensiero.
Snoopy la colpì in testa con la versione integrale di Guerra e Pace)

– La polnoe sobranie [la raccolta delle opere] io confesso ho quella in dieci volumi non in trentatre. Di tutti i trentini nei miei stivali alla frontiera è entrato solo il 29. Gli altri mi aspettano io ritornerò.

Достоевский Федор Михайлович, Государственное издательство художественной литературы, Собрание сочинений в 10 томах. Год выпуска 1957
(La mia raccolta copertina rigida grigia del 1957)

VS

Достоевский Федор Михайлович, Издательство Наука. Ленинградское отделение
Полное собрание сочинений 1972-1990
(I trenta volumi più tre dell’edizione scientifica – grigio diverso con i titoli di altra tristezza – del 1972-90)

Che lotta impari.
E pensare che è niente rispetto all’imperiosa maestà dei 100 volumi del re Leone della foresta letteraria russa…

È vero, ormai c’è in rete, anche lei, e riporta F.M. Dostoevskij tra i co-autori della sua stessa opera omnia. L’indiscussa autorità dell’Istituto IRLI a curare la versione digitale di questa edizione la cui responsabilità da sempre è dell’Accademia delle Scienze dell’URSS.
E però questa edizione non puzza. Voglio dire – non puzza proprio. Non ha l’odore dei libri russi cioè. Quell’odore che ogni russista riconosce bendato – odore di carta e petrolio di piombo e di inchiostro più l’elemento segreto della coca-cola o della birra Baltika numero 9.
Io tornerò a prendermela, la mia opera omnia. Adesso che la cultura vale di meno e quindi costa di più, forse me la faranno passare alla dogana senza tanti problemi – magari come attrezzatura sportiva invernale, destinazione Courchevel, come la slitta sovietica presa dalle pattumiere del fuori Mosca oligarca della Rubljovka.
E se proprio non si potrà, li nasconderò nei miei stivali felini, recitando Andrej Belyj la sua sinfonia la seconda, “Passavano stivali che scricchiolavano, e scarpe gialle, passava l’assenza di qualunque stivale”, così.

[Pausa]

E poi, un giorno, mi suona alla porta Bachtin. L’incontro che mi cambia la vita.

– È inutile che provi a nasconderlo, il mio Dostoevskij è soprattutto suo. Autore, eroe, romanzo ed estetica, problemi della poetica e problemi dell’opera, Bachtin, Bachtin e ancora Bachtin. Nome mellifluo di strumento feroce. I suoi appunti taglienti. Filosofia del linguaggio cioè della vita. Pensiero perfetto al di là di ogni tempo. Lotman più Wittgenstein più Glinka più Pushkin, e mi fermo qui. “La separazione”. Razluka (il correttore corregge Razkula). Я – мыслитель, “Io sono un pensatore”.
Bachtin, e il Dostoevskij di M.M. Bacthin. La prima versione, della famosa monografia: quella più pura, non contaminata dalle paure del tempo. Un’opera che andava tradotta, è vero: dalla lingua ufficiale a quella sottintesa. Ma il Dostoevskij di Bachtin era lì. La consonanza. L’ascolto etico. L’uomo nell’uomo. Il non-alibi dell’essere. Il non poter essere altrove se non nella propria vita come continuo, responsabile, agire. Nella seconda, monografia – quella diventata famosa tra letterati e dintorni come adesso i Maneskin – c’era anche altro. Geniale, ma altro. Un libro senza più verginità. Però questa è la storia di una mia lettura, che è tutto il tempo di questa mia lettura. “Arte e vita non sono la stessa cosa, ma devono divenire in me un tutt’uno, nell’unità della mia responsabilità” (M.M. Bachtin, 1929). Mi fermo qui. Oggi mica è festa mia: è dostofesta! Anche se Michail Bachtin era scorpione pure lui. E chissà che bisbocce faceva al suo Circolo, tra prestanome pensanti, pianisti monchi, fratelli zoppi, oratori sdentati, religiosi ribelli – la vita impietosa di allora: e l’idea trascendente, umanissima, salvifica e superiore, della cultura come verità della vita.

Il personaggio interessa a Dostoevskij come particolare punto di vista sul mondo e su se stesso, come posizione semantica e valutativa dell’uomo rispetto a se stesso e alla realtà circostante. Per Dostoevskij non è importante quello che il suo eroe è nel mondo, ma quello che il mondo è per l’eroe e ciò che egli è per se stesso. (M.M.B., Problemi dell’opera di F.M.D.)

Tesi di dottorato, MDM
Un lavoro di Sodoma e della Madonna,
direbbe Mitja Karamazov.
Se proprio proprio lo trovate qui:
https://www.openstarts.units.it/handle/10077/8003

– (E poi le Memorie del sottosuolo
E poi gli Appunti del sottosuolo
E poi le Lettere dal sottosuolo
E poi i Ricordi dal sottosuolo
E poi le Memorie dal sottosuolo
E poi…
Traduzioni lezioni e Variazioni Goldberg di Marija Judina, Bach)

[Ancora]

– Un 21 novembre, compleanno mio. Mia madre mi regala le Lettere sulla creatività. Lo scarabocchio sulla copertina verde mi rende il libro il più amato. E poi un passo su tutti, il più famoso – in quel libro, forse il più maltrattato. Non lo cito da lì – lì spezza il ritmo, uccide il graffio, offende il taglio, lì il sangue diventa mirtillo:

Sì, se non mi sarà consentito di scrivere, io perirò. Meglio 15 anni di lavori forzati, ma con la penna in mano!

È la lettera scritta al fratello dopo che la condanna a morte è commutata in esilio, quel momento folle di resurrezione esperita, “A Michail Michailovich Dostoevskij, prospettiva Nevskij, di fronte a via Grjazny, nella casa di Neslind”.

On voit le soleil! Ora, addio, fratello! Non rattristarti per me!

La fortezza di Pietro e Paolo, 22 dicembre 1849

Biblioteca Statale Russa
(sotterranei)
F.M. Dostoevskij, Il diario di uno scrittore

Si troverà traccia anche altrove, in Dostoevskij – anche nel Diario – di quella citazione di Victor Hugo.

Я прошу извинения у моих читателей, что на сей раз вместо «Дневника» в обычной его форме даю лишь повесть. Но я действительно занят был этой повестью большую часть месяца. Во всяком случае прошу снисхождения читателей.Теперь о самом рассказе. Я озаглавил его «фантастическим», тогда как считаю его сам в высшей степени реальным. Но фантастическое тут есть действительно, и именно в самой форме рассказа, что и нахожу нужным пояснить предварительно.

In un racconto “fantastico” ancorché “in sommo grado realistico”. “Fantastico” non nel contenuto ma nella sua forma, spiegherà.

Но отчасти подобное уже на раз допускалось в искусстве: Виктор Гюго, например, в своем шедевре «Последний день приговоренного к смертной казни» употребил почти такой же прием и хоть и не вывел стенографа, но допустил еще большую неправдоподобность, предположив, что приговоренный к казни может (и имеет время) вести записки не только в последний день свой, но даже в последний час и буквально в последнюю минуту

(Come già in Hugo, spiegherà Dostoevskij, sarà sufficiente immaginare uno stenografo che registri tutti i pensieri di un marito la cui moglie è morta gettandosi dalla finestra – ed ora giace sul tavolo, di fronte a lui, che cerca di “raccogliere i pensieri in un punto”.)
E arriviamo qui:

– La lezione su Krotkaja. “La mite”. Il mio Rubicone. Il dado è tratto anche se dio non gioca a dadi. La partita è truccata ma si gioca lo stesso. La prefazione, la pagina “Ot avtora” che qualche editore insensato non pubblica, il racconto non è più lo stesso senza quella chiave di in tono, è come Ciao 2020 se gli togli Urgant che spiega serissimo che il delirio che segue lo ha scelto perché il mondo è malato e non ci appartiene più. I corsi concorsi ricorsi mancati della mia storia, gli orsi russi le mie università, plurale non ricercato Fedja mio Fedja e i delitti e i castighi? У одного в особенности есть какой-то давнишний зуб на другого (“Uno in particolare serbava un rancore [zub] di vecchia data nei confronti di un altro”), F.M. Dostoevskij, Memoria di una casa morta, 1860. Dieci anni dopo di dieci anni prima, Sic.

I concorsi, l’assegnazione di borse di studio e gli avanzamenti essenziali per la carriera possono essere impiegati per umiliare, per azzoppare qualcuno venuto dal nulla che si rivela una minaccia.
L’individuo eccezionalmente dotato può essere messo fuori gioco con una stroncatura o con un’allusione malevola fatta in confidenza. Questa tattica scaltra, a cui non sempre sono estranei il ricatto e l’insinuazione sessuale, è stata spesso impiegata contro donne di talento.

No, non lo ha scritto lui. È di G. Steiner, la citazione, è tratta da un libro che si intitola I libri che non ho scritto, se non li hai scritti lui forse li ha scritti davvero chissà Dostoevskij? Говорят, у потерявшего зубы несколько свободнее язык – dicono che chi ha perso i denti ha la lingua molto più veloce, dice il poeta polacco Stanislav E. Lec. E con questo seppellisco l’ascia, mica sono Raskol’nikov, anche se anche se…

“L’ascia più grande del mondo”, Nackawic, New Brunswick, Canada.


(ma in quel sottosuolo, viscere che si concedono, io trasalisco)

Biblioteca Statale Russa
(sotterranei)
F.M. Dostoevskij, La mite

La verità.

[Immagini rapide, poi]

Delitto e castigo al Teatro Taganka (adattamento di Ju. Karjakin [cit.] la regia va da sé)
– K. Bogomolov al MCht (tombe-solarium wc-monumenti “The show must go on”)
– K. Rajkin chiama il suo sottosuolo Serata con Dostoevskij all’imperituro Satirikon.

E ancora.

Il giocatore di S. Prokof’ev
Woody Allen Match Point e non solo.
(Leone d’argento a Mastroianni e Visconti ma Le notti bianche non erano mie)
E poi i fumetti, ma di questo non qui.

[Esercizio di traduzione: Il discorso di Dostoevskij su Pushkin. 8 (20) giugno 1880.
Пушкин есть явление чрезвычайное и, может быть, единственное явление русского духа, сказал Гоголь. Прибавлю от себя: и пророческое… И никогда ещё ни один русский писатель, ни прежде, ни после его, не соединялся так задушевно и родственно с народом своим, как Пушкин… Пушкин умер в полном развитии своих сил и бесспорно унёс с собою в гроб некоторую великую тайну…]

Scrive Ju. Lotman: “Dostoevskij – nel suo celebre discorso per l’inaugurazione del monumento a Pushkin – ha individuato il tratto determinante del genio pushkiniano nella capacità di assimilare organicamente le più alte acquisizioni straniere e di fondere in un’unica orchestra le singole voci”. Continua poi: “L’umanità universale di Pushkin, secondo Dostoevskij, risponde a un’aspirazione profonda dello spirito russo, cosicché Pushkin è scrittore nazionale proprio in virtù della sua umanità universale”. E Dostoevskij?

Diario pietroburghese. Inaugurazione del monumento a Dostoevskij, A. Sokurov, 1997.
(- A. Sokurov, Tichie stranicy, 1993, il suo Delitto e castigo su silenzi e musica di G. Mahler).

Biblioteca Statale dell’URSS intitolata a Lenin, ora Biblioteca Statale Russa.
Monumento a Dostoevskij, Mosca (FIFA) 2018

Così. Pagine mute, alla fine, anche queste mie. Gioco psicanalitico à la F.M.D. “Qual è la prima cosa che ti viene in mente se pensi a Dostoevskij?”. Tempo per pensare tre ore o poco più. A disposizione un computer – e il tempo fino al dentista. Una volta scaduto il tempo, due più due fa di nuovo quattro e il mondo va in piazza a manifestare, solo che non sa perché. Estate di San Martino, Fedja ti piace il sole? E il sole fuori stagione? O il tuo corpo stremato sussulta, e la ribellione ti esce di bocca – quasi gridasse un altro da dentro di te (кричит как бы кто-то другой, находящийся внутри этого человека), tu santo tu Idiota? Mgnovenno, all’istante, come un gatto che dal sonno profondo balza in rincorsa alla preda, reale o inventata che sia. Se dio non c’è è tutto permesso, ma come può la lacrima di un bimbo legittimare tanto agghiacciante perverso e mostruoso – niente?

– Sei per Tolstoj o per Dostoevskij, è la domanda banale che ti faranno sempre, se però a fartela è uno scrittore per cui la banalità non esiste, nemmeno del bene, non è più banale. In Ambasciata d’Italia a Mosca, B. Akunin, aka Grigorij Tchartishvili, mi sfida a duello di canne pensanti con
lame nascoste di ferro e parole, Bellini ci è testimone, Dostoevskij c’est nous.

[B. Akunin, F.M., tom pervyj; B. Akunin, F.M., tom vtoroj]

Poi ci sono scrittori che dicono che questa domanda è priva di senso, come chiedere se vuoi più bene alla mamma o al papà, poi ci sono scrittori che son Tolstoevskij e studiosi che dicon scrittori come Dostojovskij (sic) appartengono al mondo…

Ma non credo sia vero del tutto. Mamma e papà sono come la musica, dell’ordine dell’indicibile dell’indecidibile. C’è un veto atavico nella risposta. Come disse un amico al discorso della sua laurea, alzato il calice con solennità: “Di questo traguardo devo ringraziare in primo luogo i miei genitori, e soprattutto il papà… (pausa) e la mamma”. Dostoevskij e Tolstoj, a me sembra, sono al di là: sono sì e sono no, sono mare e montagna, panettone e pandoro, Cvetateva e Achmatova, Mosca e Pietroburgo, carne pesce e veganismo в одном флаконе. Sono la Russia sono contraddizione. Sono il nero sono il bianco sono il biancoenero. Secondo me, oltretutto, Dostoevskij era juventino. Anche se con l’età, forse, ci si avvicina a Tolstoj? Non so. Ma non c’è alcuno scandalo a dire chi ami di più. Il gioco forse è disonesto soltanto – in traduzione.

Perché Dostoevskij è ciò che rende il russo impossibile.
È il “vdrug” di cui V. Shklovskij – il suo artificio più usato, tagliente avverbio “improvviso”; è lo strappo straziato dei Karamazov, il nadryv proprio dell’anima russa.
È l’intraducibile che è nella lingua. Nel ritmo, nel passo, nel – paradosso.
È l’insostenibile sfida del diventare l’altro.

Dostoevsky-trip è il titolo di una pièce di Vl. Sorokin, uno degli scrittori più prolifici e scomodi della contemporaneità russa, passato anche attraverso il rogo – cartaceo – della moralità. “Un ambiente dal mobilio semplice”, si legge nella nota di apertura del pezzo (saranno bidoni su cui suoneranno su cui saliranno poi si spegneranno – gli eroi). “Cinque uomini e due donne. Qualcuno in piedi, qualcuno seduto, qualcuno semi-sdraiato per terra. Tensione. Aspettano qualcuno”. Aspettano un pusher.
Sono dei tossici in astinenza. Ma le loro droghe hanno nomi di grandi scrittori: “perché tutti quelli che assumono Céline, Genet e Sartre sono sempre così nervosi?”; Nabokov è “roba da ricchi” e chi usa Tolstoj “si riconosce a distanza”… Stanno aspettando della roba nuova, loro. Potente, dicono. La droga che aspettano è “Dostoevskij”.
Poi il pusher arriva, loro si fanno, e cadono dentro l’Idiota. Inizieranno a parlare citando brani dell’opera vera, trasfigurati, a volte poco poi sempre di più: finché inizieranno, direttamente, inesorabilmente, a raccontare se stessi.
Il trip Dostoevskij riporta alle sofferenze più crude della propria vita. Moriranno tutti. Perché “Dostoevskij” è una droga che ti fa dire la verità.

Chimico: Ok, basta (fa un tiro). Come direbbe il mio capo, la fase sperimentale è conclusa. Ora si può con certezza affermare che Dostoevskij preso in forma pura ha effetti mortali.
Pusher: E quindi?
Chimico: Bisogna smezzarlo.
Pusher: Con cosa?
Chimico (ci pensa): Boh… proviamo con Stephen King. Poi vedremo.

FINE
КОНЕЦ

***

День его рождения! Этот день рождения не давал мне покоя ни днем, ни ночью.
“Il suo compleanno! Questo compleanno non mi dava pace né di giorno né di notte”, F.M. Dostevskij, Le notti bianche
Ecco qui, Fedja, poca cosa, perdona, il dentista mi aspetta, ma io volevo almeno scriverti un bigliettino di auguri, so che non ami i whatsapp, non hai tempo di leggerli, tu mandi sempre i vocali… Non mi posso permettere altro, il regalo te lo fanno gli altri, son tanti, anche se credo non faranno colletta, cancheri come sono. Io non so se ti piacciono i dolci ma un rulet russo sarebbe perfetto, scherziamo ancora di traduzione che te tradurti ci viene da schifo, ti ricordi quegli anni i lichie devjanostye i tremendi novanta del secolo per noi passato per te no quando tutta la Russia era impestata di quelle infami girelle di zucchero morbido, io per portarle con un amico in un monastero sull’Anello d’oro ho viaggiato sei ore accucciata perché il pullmino non aveva sedili, e le strade erano le strade non c’erano e roulette invece si dice ruletka, e non ha niente a che fare con quella russa che ci si spara in testa se non hai sfiga in amore.
Ecco, in caso io ti ho comprato le candeline, sono per i tuoi primi duecento anni. Soffia, esprimi un desiderio, magari pure per noi, che tu ci sarai sempre l’umanità secondo me no, per come butta.
Ah, auguri anche dai miei gatti, sai, son qui che corrono e saltano con una vitalità da scrittore, manco avessero Stellovskij come veterinario.
E quando avrai risolto il problema di Dio, magari manda un segnale allo spazio.

“Il mondo STOP Sarà salvato STOP Dalla bellezza STOP”

O forse è meglio che continuiamo a nasconderci?

https://www.facebook.com › … Studio dentistico ***
Beauty will save the world ′′ said Dostoevsky. …
L’impianto di un dente singolo è poco invasivo e i denti adiacenti non saranno coinvolti…

Fiume Fontanka, San Pietroburgo, 2012


“Ricordate: la bellezza non salverà nessuno” (Fjodor Michajlov, Idiot)

***

PS: È così. Però forse una festa, alla fine, la faremo anche noi. Ernesto Nathan ci ha invitati. Credo che a dicembre io, Fedja e Misha daremo un pati in Rogers, da lui. Non escludo ci sia anche Dante, Leopardi so che Laura non ne vuol sentire mezza di lui. Si nasconderà tra le siepi lì intorno, come il suo solito, ha poco da lamentarsi poi che lo trattano come Masini. Tolstoj? No, è in down dopo la storia del quadrato rosso, ha detto che andava in stazione…
No, no, la tessera di scrittore naturalmente non serve, il QR-code (plurale di coda) – sì.
Dress code (id.): Il doppio. I non russisti si vedranno subito perché si vestiranno da sosia.
Parola d’ordine: gruvd!

A vdrug poluchitsja?
😉

(Fedja, mio Fedja, tu ti ricordi quando le feste si facevano nelle hall degli alberghi, iniziavi alle sette di pomeriggio alle dieci di sera finivi, sbaraccavi l’impianto e portavi a casa le luci colorate che normalmente mica funzionavano, le aranciate avanzate finte di generazioni P? Io la capisco, sai, questa nostalgia per la TraShèSèSèR…)

“Trèsh Matreshka”, Ristorante, Mosca 2003


Е quindi, Dostoteka sia! Diskoevskij Dance!

[Bonus track: Ne Dostoevskij (Non Dostoevskij),
gruppo “Videokasseta tvoich roditelej” (Un VHS dei tuoi genitori), 2021]

Rivista L’altra Mosca,
feat. Vl. Mamyshev “Monroe”

BUON DUECENTOEVSKIJ A TUTTI!
La vostra Margo