Prendo due suggestioni.
Ieri, la tavola rotonda cui mi ha generosamente invitata l’anima buona, entusiasta, infaticabile di Fabiola Faidiga – sulle forme possibili artistico-filosofiche di un robot-comunismo futuro (rimando alla pagina di Energia dei Luoghi per un confronto approfondito). Vi si parlava dell’uomo come animale da sempre non solo sociale, quanto “corporale” – che necessita per la sua affermazione del contatto fisico con i suoi simili, ecc. ecc. Non mi dilungo, prendo al volo il concetto.
Oggi, il blog di Corrado Premuda (motivipersonali, lo cito a spanne – ritroverete lì l’equilibrio della sua esposizione), che parlava (anche) dell’evoluzione degli strumenti, sempre più raffinati, che vengono in soccorso a questa nuova scolarità – aule virtuali in cui i ragazzi per intervenire alzano la virtuale manina per mezzo di un click.
Ecco, a me son rimbalzati in testa due pensieri su tutti.
Uno è il venire meno, evidentemente, di un genere letterario da sempre frequentato – forse la prima “prova di penna” per generazioni e generazioni di umani: il tema “Il mio compagno di banco”. Sparito, o nella migliore delle ipotesi anch’esso mutato in sottospecie di varia natura: “Il mio compagno di banco dimezzato” (di calviniana reminiscenza); “Il mio compagno di banco a rotelle” (di pericolose derive diversamenteabiliste), e così via.
L’altro, è la scomparsa di un altro dei topos dell’interazione (carnale) maestro-allievo: la mano (reale) alzata funzione “Prof. posso uscire?” – o nella sua variante esplicita “profdevoandareinbagno”. Non servono nemmeno più scappatoie per uscire di classe. Non serve più che ti scappi, in un mondo zoom.
Ma questi non sono che due pensierini, ve li lascio così.
(Ascolto: Roberto Prosseda, W.A. Mozart, Sonate, su pianoforte Fazioli F278, accordatura temperamento non equabile Vallotti).
AH.