Ho sempre pensato che le parole sono perfette.
Sono fatte di matematica e di magia.
A volte, loro malgrado, diventano moda. Così perdono il modus – la libertà.
In questo periodo parola d’ordine è la resilienza. Non entro nel merito. Ma mi viene in mente una proporzione. Un’equivalenza.
Insomma, se c’è resistenza e c’è esistenza, ci deve essere anche la – esilienza.
Ecco. “Resilienza” mi sta antipatica – mi sa di “evincere” e di “a cavallo dei secoli”.
Esilienza mi piace. Mi ci ritrovo.
E credo abbia molto a che fare con questo “tra” in cui stiamo vivendo.
Che non è più un esilio – ma nemmeno consueta esistenza. È una condizione delicata, mi sembra, che esige anch’essa una particolare “cura”. E sì, mi ritorna in mente Brodskij (posso rimandarvi a 9L, episodio 2?). Quando dice quella cosa, che “se c’è qualcosa di buono nell’esilio è che insegna l’umiltà”. Lui arriva perfino a dire che quella dell’esilio è “la più alta” lezione di umiltà – “la lezione definitiva”.
Non so, “esilienza” mi piace. Mi sa più di “mentalità autonoma”. Quella del cosmonauta (è ancora Brodskij, sì).
Esilienza mi pare un “tra” in cui si può vivere – la nostalgia.
Sarà perché sto guardando fotografie di molti viaggi fa.
[E mi domando. Chi sono queste persone che entrano nelle nostre foto. Questa donna che esce di corsa verso il lato destro, ad esempio. Davanti al Teatro Taganka. Che anno è. Dove si affretta: fuori dal mio mondo, dentro il suo, dentro quello di chi? Le macchine mi importano meno. E anche alcune persone: si vede, che sono lì per caso. O forse fingono? Sono presenze in incognita, dentro la mia vita? Truman Show formato tascabile? E io ho solo l’illusione, di essere dentro l’obbiettivo: e in realtà sono tutti gli altri che scrutano me?]
(“Nostalgia-fantasma”, fantomnaja toska, scherzavo con gli amici russi. Come il dolore per un arto amputato: nostalgia per un posto – che non è mio).
Sarà perché sto ascoltando una cosa che ho ricevuto oggi: una lacrima in musica.
O forse soltanto perché oggi ho riletto Brodskij, e mi sembra perfetto, il modo in cui ci ritorna il discorso di Dostoevskij sulla bellezza: “Probabilmente è troppo tardi per salvare il mondo, ma per l’individuo singolo rimane sempre una possibilità” (I. Brodskij, Dall’esilio, Milano, Adelphi, 2007).
Allora invento una mia parola.
Allora invento una mia dimensione.
E alzo gli occhi alla luna, “sole tzigano”.
(In copertina: piscina “Moskva”, l’anno non so, non lo ricordo davvero)